Critica di Daniela Magrin

Un’esposizione che ha origine dalla parola volto, un termine che non indica solo l’aspetto fisico di una persona, o meglio, ne indica l’aspetto esteriore come riflesso di quello interiore, due mondi che si compenetrano a formare un unicum sfaccettato e profondo.

Accostando questo termine alla figura femminile, il volto assume ancor più valore, essendo nella donna l’espressione più profonda dell’identità umana. (…) Le esperienze di Martina Michelin nell’uso di diverse tecniche artistiche – dalla ceramica alla grafica – e la sua abilità nella combinazione di queste si riflettono nella sua opera pittorica e sono strumenti efficaci del suo personale e intenso messaggio artistico.

I suoi volti di donna nascondono un percorso doloroso di esperienza interiore e di riflessione su temi ancor oggi difficili da trattare nella nostra società, quali la violenza di genere e il rispetto. I volti si fanno potenti testimoni a livello visivo di ferite profonde, fisiche ed emotive. Martina usa il segno grafico con un effetto di grande impatto emozionale, per dare evidenza a ciò che a parole è impossibile dire. Così colature d’oro – che ricordano l’arte ceramica del Kintsugi giapponese – solcano i segni sul viso, li riempiono e riparano, li fanno resistere/ri-esistere. Il volto violato riemerge con una straordinaria trascendente bellezza. In alcuni ritratti, fiori dai colori ardenti si impadroniscono dei contorni, fino a fondersi con l’incarnato e stillare gocce vistose, il colore è la manifestazione evidente della sofferenza, il fiore-simbolo ne esce trasfigurato e diventa un messaggio manifesto. Ciò che accomuna queste donne è la forza di riscatto positiva che emanano dallo sguardo, consapevoli e fiere, sono un messaggio di forza ritrovata e determinazione. Si diventa compartecipi del loro vissuto, toccati profondamente e ispirati dalla capacità di trasformazione e elevazione verso una nuova vita. Le sfumature di colore, brillanti e materiche sconfiggono il grigiore e portano speranza, il colore si fa mezzo per esprimere la volontà dell’artista di esorcizzare e superare i momenti bui, con l’impegno delle sue donne, padrone finalmente di sé stesse, pronte a cambiare il mondo con l’obiettivo di renderlo migliore.”

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